Musica

Nuove sonate per flauto di Leonardo Leo presentate a Napoli

Nuove sonate per flauto di Leonardo Leo presentate a Napoli

Nella magnifica cornice della Cappella Sansevero, l'Ensemble barocco di Napoli presenta un CD con sette sonate di Leonardo Leo finora pressoché sconosciute.

Leonardo Leo (1694-1744) fu autore prolifico e influente entro il contesto musicale napoletano (e non solo), apprezzatissimo come operista sia serio che buffo ma rinomato anche per le creazioni sacre. Nel campo della musica strumentale, il suo nome è legato soprattutto ai bellissimi concerti per violoncello dedicati al duca di Maddaloni. Finora si conoscevano inoltre due suoi concerti per flauto. Frutto di una scoperta recente sono invece sette sonate per lo stesso strumento tramandate da un manoscritto della New York Public Library, che, sebbene debitamente catalogato, non aveva mai attirato l’attenzione degli studiosi. A queste pagine preziose, rimaste a lungo sconosciute, l’Ensemble Barocco di Napoli ha dedicato una riuscita soirée ospitata nella magnifica cornice della Cappella Sansevero. A ridare vita alle sonate di Leo è stato Tommaso Rossi, che ha registrato le sette composizioni con l’etichetta milanese Stradivarius, e ne ha scelte cinque per il pubblico partenopeo raccolto nello straordinario scrigno progettato dal principe Raimondo di Sangro.

La selezione proposta ha messo in evidenza le caratteristiche salienti della scrittura di Leo per lo strumento a fiato. Il maestro di San Vito dei Normanni richiede una notevole perizia all’esecutore, chiamato a restituire con agilità e scorrevolezza lunghi passaggi fioriti. Non meno importante è però l’elemento cantabile ed espressivo, che si manifesta soprattutto nei tempi lenti. Le cinque sonate ascoltate hanno tutte struttura ‘da chiesa’, con quattro blocchi che alternano andamenti lenti e veloci, ma non presentano la severità contrappuntistica di norma associata a questo schema. L’architettura dei singoli movimenti, pur attenendosi per lo più a consueti percorsi bipartiti, include divagazioni inattese, guizzi ingegnosi, invenzioni ritmiche sorprendenti.

La fantasia di Leo richiede dunque interpreti non solo tecnicamente agguerriti, ma anche capaci di entrare in sintonia con il gusto peculiare delle composizioni e di restituirne la varietà di affetti e di effetti. Tali requisiti non sono di certo mancati agli artisti che hanno animato il concerto napoletano. Rossi, nel ruolo di protagonista, ha saputo imprimere all’interpretazione una notevole incisività e ha restituito le linee veloci e sinuose delle sonate con nitida precisione. Ad affiancarlo egregiamente c’erano Patrizia Varone al clavicembalo, Ugo Di Giovanni all’arciliuto e Raffaele Di Donna al flauto dolce basso. Per conferire varietà timbrica alla performance, il basso continuo è stato realizzato utilizzando combinazioni diverse degli strumenti appena elencati: clavicembalo e liuto nella prima sonata (n. 2 in do maggiore), clavicembalo nella seconda (n. 4 in fa maggiore), liuto nella terza (n. 6 in sol minore, inizialmente non prevista nel programma), flauto dolce basso e liuto nella quarta (n. 5 in fa maggiore), clavicembalo, liuto e flauto dolce basso nella quinta (n. 7 in re minore). La policromia prodotta da queste soluzioni è risultata senz’altro apprezzabile; va tuttavia osservato come l’impiego del flauto dolce basso in funzione di continuista appare storicamente poco giustificabile e forse non efficacissimo all’ascolto.

Il concerto, molto applaudito dai presenti, ha offerto l’occasione di conoscere brani interessanti e pregevoli che arricchiscono in misura significativa il panorama della civiltà strumentale napoletana del secolo XVIII, del tutto ignorata fino ad anni recenti e fatta finalmente oggetto di sempre più approfondite ricognizioni.